STRAGE DELLA FUNIVA STRESA-MOTTARONE, IL GIALLO DEI CALI DI TENSIONE:

La funivia Stresa-Alpino-Mottarone è un impianto di risalita, situato nel comune di Stresa, nella provincia del Verbano Cusio-Ossola  in Piemonte, il cui scopo è quello di collegare la famosa cittadina del Lago Maggiore con la vetta del Mottarone. Essa è stata realizzata nel 1970 sul restante tracciato una volta occupato dalla vecchia ferrovia del Mottarone ed è divisa in due tronconi: il primo collega il comune con la frazione di Alpino; il secondo collega Alpino con la vetta della montagna.

Dalla sua inaugurazione fino al 2021 l’impianto è stato sottoposto a due revisioni straordinarie legate alla manutenzione: la prima nel 2002 affidata alla ditta Poma mentre la seconda, operata dalla Leitner, è avvenuta nel 2014. Un precedente dell’incidente è avvenuto invece nel luglio 2001, quando una cabina con a bordo 40 passeggeri era rimasta bloccata a metà del tragitto iniziale, richiedendo l’intervento delle forze di soccorso.

Verso le ore 12:30 di domenica 23 maggio 2021, a soli 100 metri dalla stazione in vetta al Mottarone, si è verificato un cedimento strutturale della principale fune traente, causando il distacco di una delle cabine in servizio, che dopo essere retrocessa a forte velocità, si è sganciata dalla fune portante in corrispondenza di uno dei piloni del tracciato ed è precipitata al suolo dopo una caduta di oltre 20 metri, finendo in una zona boschiva lontana da strade carrabili, il che ha reso inizialmente difficile l’opera di soccorso.

Delle 15 persone presenti a bordo della cabina coinvolta nell’incidente14 sono decedute,  mentre una è rimasta gravemente ferita (Eitan Biran, di soli 5 anni). Otto vittime erano italiane, cinque israeliane e una iraniana.

Attesa la richiesta della convalida degli arresti di Luigi Nerini, proprietario della società di gestione, il Direttore dell’esercizio Enrico Perocchio e il Capo servizio Gabriele Tadini della funivia del Mottarone.

Il freno sarebbe stato manomesso consapevolmente, per evitare disservizi in una tragica logica di profitto. I tre fermati sono accusati dalla procura di Verbania di omicidi colposo plurimo per la tragedia sulla funivia del Mottarone, in concorso tra loro, “omettevano di rimuovere i forchettoni rossi aventi la funzione di bloccare il freno” della cabinovia quindi “destinato a prevenire i disastri”, così “cagionando il disastro da cui derivava la morte delle persone”. È quanto si legge nel capo di imputazione della procura di Verbania nei confronti del gestore della funivia, del consulente esterno e del capo servizio dell’impianto in cui domenica scorsa hanno perso la vita 14 persone.​

A parlare per primo delle problematiche sull’impianto sarebbe stato Tadini, convocato in caserma dai carabinieri di Stresa come testimone e poi indagato: la chiave nel ‘forchettone’ lasciato nel freno di emergenza per impedirne il funzionamento. “Per quello che ci risulta oggi il ‘forchettone’ è stato inserito più volte. Non sono in grado di dire se in maniera costante o soltanto quando si verificavano questi difetti di funzionamento” ha spiegato la procuratrice capo di Verbania, Olimpia Bossi.

Gabriele Tadini “ha ammesso di aver deliberatamente e ripetutamente inserito i dispositivi blocca freni (forchettoni) durante il normale servizio di trasporto passeggeri, in tal modo disattivando il sistema frenante di emergenza destinato a entrare in funzione ed arrestare la corsa della cabina della funivia in caso di pericolo ed in particolare di improvvisa rottura della fune trainante”. È uno dei passaggi del decreto di fermo emesso dalla procura di Verbania che indaga sulla tragedia del Mottarone in cui hanno perso la vita 14 persone.
Una scelta che ha come fine quello di “ovviare ai problemi da tempo manifestatisi al regolare funzionamento del sistema frenante; condotta di cui erano stati ripetutamente informati tanto il Perocchio quanto il Nerini, che avvallavano tale scelta e non si attivavano per consentire i necessari interventi di manutenzione che avrebbero richiesto il temporaneo fermo dell’impianto, con conseguenti ripercussioni di carattere economico”.

La scelta di lasciarlo inserito dunque sarebbe stata compiuta, secondo gli inquirenti, per ‘bypassare le anomalie’ della funivia, che portavano le cabine a bloccarsi e il freno di emergenza ad attivarsi continuamente.

Secondo la procura, l’ipotesi è che anche Nerini e Perocchio sapessero della decisione di lasciare inserito il ‘forchettone’: “Abbiamo ritenuto che necessariamente fosse la scelta non di un singolo ma condivisa e soprattutto non limitata a quel giorno”, ha detto la procuratrice.

A spiegare la gravità del fatto è stato anche il comandante dei carabinieri di Verbania, Alberto Cicognani: “Non lo hanno fatto per fare del danno e questo rende la cosa ancora più grave. Probabilmente non avevano la consapevolezza. Hanno sottovalutato un rischio e questo è altrettanto grave”, ha spiega ai giornalisti dalla caserma.

“I fatti contestati sono di straordinaria gravità in ragione della deliberata volontà di eludere gli indispensabili sistemi
di sicurezza dell’impianto di trasporto per ragioni di carattere economico e in assoluto spregio delle più basilari regole
di sicurezza, finalizzate alla tutela dell’incolumità e della vita dei soggetti trasportati”

La “sconsiderata condotta” che “ha determinato” la “morte di quattordici persone e lesioni gravissime a un minore di cinque anni” secondo i magistrati della procura di Verbania nel decreto di fermo che ha portato in cella tre persone, comporterà “in caso di accertato riconoscimento” delle responsabilità una pena detentiva sarebbe “elevatissima”.

Oggi è stato conferito l’incarico per una maxi consulenza a ingegneri del Politecnico di Torino. In particolare è previsto il primo sopralluogo del perito nominato dalla Procura, Giorgio Chiandussi, docente del dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale del Politecnico di Torino. Al Mottarone compirà i rilievi tecnici, sia sulla cabina precipitata sia sul cavo spezzato. Il procuratore della Repubblica di Verbania, Olimpia Bossi e il sostituto Laura Carrera stanno completando in queste ore la richiesta di convalida del fermo dei tre indagati per il disastro della funivia del Mottarone, costato la vita a 14 persone. La richiesta deve essere depositata entro 48 ore dal fermo, che scadono nella notte di oggi.
L’udienza di convalida davanti al Gip, con l’interrogatorio dei fermati, è stata fissata per sabato 29 maggio: in quella sede si capirà quale condotta, almeno nella fase iniziale del procedimento, decideranno di tenere gli indagati – Luigi Nerini, proprietario della società di gestione, il direttore dell’esercizio Enrico Perocchio e il capo servizio Gabriele Tadini – che si trovano attualmente in carcere a Verbania. Il direttore Perocchio ha negato di essere stato a conoscenza e di aver autorizzato l’utilizzo della funivia in quelle condizioni.

A proposito dell’ipotesi di nuovi indagati, il procuratore Bossi parlando ai giornalisti ha detto che “a questa domanda al momento non esiste una risposta”, anche se ha confermato l’intenzione di approfondire le posizioni di diversi soggetti a vario titolo coinvolti. Ieri sera intanto, nella chiesa parrocchiale di Stresa, il parroco don Gianluca Villa ha
presieduto una affollata messa in suffragio delle vittime.

Articolo a cura di: Luca Guastafierro & Dafne LeRose

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