Kiss: top 5!

Top 5 degli album dei Kiss che preferisco

Numero 5: Ace Frehley (1978)

Ok, ok…non è propriamente un album dei Kiss, dato che è questo è più che altro un album solita di Ace Frehley (il chitarrista della band, per intenderci), ma comunque lo inserisco, perchè nella copertina dell’album, c’è proprio il logo della band.

Parlando seriamente, devo dire che ascoltando, 

Numero 4: Kiss (1974)

Il primo album in studio mai pubblicato dalla band con il nome di “Kiss”.

Ma perchè dico questo?

Per capirlo bisogna fare un passo indietro.

Nel 1970, a New York, si formarono i Wicked Lester (ma con il nome di “Rainbow”) ed all’interno del gruppo vi erano Gene Simmons e Paul Stanley.

Nel giugno 1972 la band invitò Jay Jay French (futuro chitarrista dei Twisted Sister) a suonare con loro, ma egli rifiutò.

Proprio alla fine di quell’anno tre dei cinque membri (vale a dire il chitarrista solista, il tastierista ed il batterista) lasciarono la band.

Al loro posto venne assunto, sempre nel ’72, il batterista jazz Peter Criscuola (in arte Peter Criss) e l’anno successivo, dopo che Stanley, Simmons e Criss fallirono il contratto con la casa discografica Epic Records, nel 1973 venne assunto anche Ace Frehley, ponendo le basi per un nuovo gruppo, i Kiss.

Ritornando a noi, nel febbraio 1974 uscì quest’album e tutte le tracce di esso, ad eccezione di “Cold Gin” e “Kissin’ Time” sono state composte da Gene Simmons e/o Paul Stanley e somigliano molto a quelle che erano dei Wicked Lester (alcune delle quali si possono trovare nella raccolta “The Box Set”, uscita nel 2001) e nel complesso non è male, a parer mio.

Cambiando argomento, parliamo della copertina.

La copertina presenta i membri della band su uno sfondo nero, il quale termina poco sopra la metà, schiarendosi poi in diversi toni di marrone e nero, lo sfondo nero fa poi da contorno alle teste dei componenti della band ed infine è da notare la scritta “KISS” che brilla sopra le teste di Gene Simmons e Peter Criss.

Proprio su quest’ultimo ci sono un paio di cose da segnalare: in primo luogo 

Numero 3: Monster (2012)

L’ultimo album in studio pubblicato dalla band americana e, complessivamente, devo dire ben riuscito.

Perfetto all’inizio, ma che poi si perde molto via.

La copertina non è molto complessa, su di essa ci sono i componenti della band davanti alla scritta “Kiss” e dietro al titolo dell’album (colorato in ocra, rispetto alla scritta e ai componenti che vanno per tonalità di bianco-grigio-nero, mettendo in risalto i rossetti e alcuni dettagli verdi del trucco di “The Catman”, ovvero del batterista); i componenti infine, sono tutti rivolti verso davanti, ad eccezione del batterista (messo a tre-quarti) e del bassista (messo di profilo), il quale “tira fuori la lingua” facendo al contempo il gesto delle corna con la mano sinistra.

In quest’album troviamo la line-up attuale, composta da Eric Singer alla batteria, Paul Stanley e Tommy Thayer alla chitarra (il primo a quella ritmica, il secondo a quella solista), Gene Simmons al basso.

Questo album è la seconda incisione per Singer e Thayer in formazione; non contando le varie volte in cui o hanno aiutato i Kiss (“Psycho Circus”, in cui Thayer suonò) o si sono esibiti ed inciso un album assieme a loro (“Carnival of Suols: The Final Session”, in cui Singer era alla batteria).

Ma parlando di musica, com’è questo disco?

Mah, devo dire che nel complesso non è male, certo avrei fatto alcune aggiustatine cambiando qualche canzone o togliendone qualcun’altra.

Con la prima traccia “Hell Or Hallelujah”, si capisce come i Kiss vogliano intendere il significato di “mostruoso”; infatti il brano, uscito come anteprima dell’album e come singolo, è molto forte, deciso e casinista, e a me questo stile di musica mi piace molto, perchè i Kiss mantengono comunque il loro stile hard rock/glam metal, ma danno quel tocco di aggressività che in un brano che deve dare l’introduzione all’album (a parer mio) ci sta.

Nella seconda traccia “Wall Of Sound”, si percepisce l’aggressività di un testo e della musica espressa da Gene Simmons.

Il terzo ed quarto sono delle “unioni” del primo e del secondo brano; seguono questo filone anche le tracce 5, 6, 7, 8, 11 e 12.

Fanno delle eccezioni i pezzi 9 e 10, rispettivamente “Outta This World” e “All For The Love Of Rock & Roll”.

Sono diversi per il semplice fatto che il primo è scritto e cantato da Tommy Thayer, che riprende molto lo stile di Ace Frehley (componente della formazione originale), ma un po’ più complesso; infatti Ace è da sempre noto per aver influenzato con il suo stile semplice e pulito, ma d’impatto.

Thayer nella traccia numero 9 riprende questo stile, ma lo cambia a proprio piacimento, rendendolo più difficile ma non di meno impatto.

Un’ultima considerazione sta nel fatto che Thayer ha una voce più simile a quella di Gene Simmons, mentre il componente originale ha una voce più “da ragazzino”.

Nella traccia numero 10, ovvero quella cantata da Eric Singer (ma scritta da Paul Stanley), è più netta la differenza di timbro vocale tra Peter Criss (membro della line-up originale) e quello attuale.

A parer mio è più intonato Singer, dato che la sua voce si adatta molto di più a quelle che sono le sonorità dei Kiss, mentre Criss ha una voce più graffiata, il che è più penalizzante per un membro della band americana, ma per lui questo non fu mai un problema.

Infine la canzone che più mi piace è “Hell Or Hallelujah”, ma anche “Outta This World” non è male; invece quella di meno di mio gradimento è “Long Way Down”, perchè non la vedo adatta alla voce di Paul Stanley ed in alcuni frangenti risulta essere anche molto confusa.

Numero 2: Psycho Circus (1998)

Un album quasi perfetto, non fosse per l’ultima traccia e per varie polemiche riguardanti il disco stesso.

Anzitutto, perchè ha suscitato critiche?

Allora, partiamo dalle basi; Psycho Circus è stato il primo album dopo la reunion dei componenti originali nel 1998, e nella copertina l’album presenta un carretto con in mezzo una faccia di un clown ed a destra ed a sinistra i volti dei componenti della band, rispettivamente, (da destra a sinistra) Peter Criss, Gene Simmons, Paul Stanley ed Ace Frehley; il carretto viene colorato con colori caldi, a differenza del clown che ha più colori freddi, con la scritta Kiss e Psycho Circus che “sovrasta” il logo della band.

Ma, discutendo proprio dell’album e non della copertina, possiamo dire che, musicalmente, il disco presenta poche innovazioni alle tradizionali sonorità dei Kiss, con dei suoni più duri rispetto a quelli classici in alcuni brani, questo album rappresenta un grande successo per la band, al contrario dei due precedenti “Hot in the Shade” e “Carnival of Souls: The Final Session”, dove (rispettivamente) la band ha adottato uno stile più soft al suo modo abituale di hard rock e glam metal (per intenderci “alla Bon Jovi”) e grazie al quale la band riuscì a vendere, ma non tanto com’erano abituati, nel primo e più duri, più grunge nel secondo, che infatti fu un flop da tutti i punti di vista.

Da questo disco si estrapola il singolo che da il titolo all’album e di nota sono tutte le altre tracce come “I Pledge Allegiance To The State Of Rock & Roll”, “Into the Void”, “We Are One” e “You Wanted The Best”.

Dal punto di vista musicale non si può non notare uno squilibrio tra le varie tracce del disco, più semplice e con meno rullate di batteria o note contorte di chitarra in “Into the Void” a più casinista e duro in “You Wanted The Best”, fino a passare alle ballate con suoni molto soft in “I Finally Found My Way”.

Questo squilibrio deriva dal fatto che, ogni componente della band ha i propri “gusti musicali”; infatti se uno ascolta una traccia di Ace Frehley, quale può essere il suo album solista del 1978 o il suo primo album di cover del 2016, si può notare come (a differenza degli altri componenti e tendo conto del periodo storico in ambito musicale) il chitarrista abbia dei suoni molto più hard rock/metal, invece se ascolta un brano di Peter Criss (esempio l’album solista del 1978) si può notare come il batterista abbia dei suoni molto più anni ’60/’70, i suoi brani infatti tendono molto di più alle ballate o hai suoni leggeri (filo-jazzistici) di quell’epoca.

Io penso che per i Kiss, Psycho Circus doveva riprendere molto le sonorità, il carattere e i testi di “Destoyer”, cioè del loro più grande successo mai pubblicato, in quanto ad album; le loro aspettative infatti non furono deluse, infatti il disco fu accolto molto bene di fan, i quali erano delusi dal precedente album (vale a dire Carnival of Souls: The Final Session).

Infine, come di consueto, parlerò della traccia meglio riuscita e di quella peggio riuscita di tutto l’album, per quanto mi riguarda.

La traccia meglio, secondo me, non è solo una; ci sono molte tracce che mi piacciono di quest’album, a partire da “I Finally Found My Way” (traccia che inspiegabilmente mi piace), “You Wanted The Best” (perchè oltre al fatto che cantano tutti e quattro, dividendosi proprio secondo la copertina dell’album in quanto a similitudine di voci, è di mio gradimento il testo), “Psycho Circus” e “Into the Void” (il primo per i suoi suoni e per essere la traccia principale dell’album, il secondo per essere una canzone, come detto prima, pulita e molto semplice, come Ace Frehley ha sempre fatto), “I Pledge Allegiance To The State Of Rock & Roll” (anche se negli ultimi tempi mi sta un po’ meno piacendo).

Ma la vera canzone che mi piace di più di tutto questo album non può essere che una, “We Are One”: testo fantastico, un accompagnamento semplice e d’effetto adatto alle parole scritte dai componenti della band.

La canzone parla della reunion dei membri originali dei Kiss, ma in modo non esplicativo, essa parla di una persona o un gruppo di persone che tornano sui propri passi, parla in modo esplicito di “famiglia”, con cui la band vuole dire che i loro ed i fan sono una famiglia che si ritrova, dopo anni di assenza; è proprio questo, unito ad uno stile soft e semplice a farmi venire voglia di ascoltare questo pezzo per minuti su minuti.

La traccia che invece meno gradisco è “Journey Of 1,000 Years”, perchè mi sembra “fuoriluogo” rispetto al resto del brano; questa canzone è molto soft e nei primi secondi c’è anche un suono che ricorda la magia, quando il testo tratta sì di magia, ma in piccola parte e piuttosto l’argomento principale (che comunque si ricollega al magico, al fantastico) è il viaggio, inteso come sogno, durato mille anni.

Numero 1: Sonic Boom (2009)

Perfetto, semplicemente, perfetto.

Per me questo album è fantastico, potrei riascoltarlo anche dieci volte e non mi stancherei di risentirlo nemmeno una.

Dalla copertina una persona non credo che abbia voglia di sentire i brani, ma secondo me dovrebbe spingersi oltre le apparenze e provare, perchè come dice il detto: “provare per credere”.

Parlando della copertina non c’è molto da dire se non che fa vedere in modo esplicativo il concetto di “Sonic Boom” (“Bomba Sonora”in italiano), infatti in esso si può vedere, agli angoli, le facce dei componenti, che ha differenza del precedente, ovvero Psycho Circus, si possono notare delle facce (anche se “oscurate” parzialmente dall’arancione che le “sovrasta”) diverse dall’album del 1998, vale a dire Tommy Thayer al posto di Ace Frehley come “The Spaceman” (il chitarrista solista, per intenderci) ed Eric Singer al posto di Peter Criss, come “The Catman” (alla batteria); i due componenti avevano lasciato la band rispettivamente nel 2003 Ace e l’anno successivo Peter; ma tralasciando le storie io direi di focalizzarci sulla copertina dell’album, come detto l’immagine o disegno, come dir si voglia, fa vedere delle onde sonore che partono al centro fino a ad una cornice rappresentante l’elettricità su tre lati, poichè il quarto occupato dal logo della band, infine le loro facce (come detto prima) ai quattro angoli dell’immagine e della cornice aggiuntiva, in dei cerchi, tagliati da una linea che si incrocia al centro della copertina dell’album, proprio sotto il titolo “Sonic Boom”; le facce dei quattro componenti: in alto, partendo da sinistra a destra abbiamo, Gene Simmons e Paul Stanley, in basso a sinistra Eric Singer e Tommy Thayer; tutti e quattro i membri indossano il loro caratteristico “Face Paint”.

Parlando di musica, invece, questo è il primo album in studio registrato da Singer e Thayer come componenti della band, dopo aver sostituito i due membri originali (come detto prima) nel 2003-2004.

Potremmo fare un confronto tra questo ed il precedente (cioè Psycho Circus):

  1. Anzitutto non ci sono ballate, al contrario dell’antecedente che ha “I Finally Found My Way”
  2. Il disco ha più unanimità in quanto a sonorità dei brani, vale ha dire che se in Psycho Circus i suoni dei pezzi sono anche diversi tra di loro (perché ogni componente della band ha il proprio ritmo, il proprio timbro e la propria scrittura del testo, per esempio per Ace Frehley una canzone molto semplice e pulita, per Peter Criss le sue ballate, per Gene Simmons i suoi brani duri, ecc…), in Sonic Boom i pezzi sono più simili tra di loro, come detto prima, e nessuno si discosta dalla traccia principale, nonché singolo uscito nel 2009, prima del disco stesso.
  3. Ovvio è anche parlare delle voci, Tommy Thayer ed Eric Singer hanno due timbri diversi rispetto a Ace Frehley e Peter Criss, il batterista attuale ha una voce che ricorda quella di quello della formazione originale, stesso discorso per il chitarrista; l’unica differenza che si può notare sta nel fatto che i due componenti attuali hanno, a parer mio, una voce più pulita ed intonata rispetto a quella dei componenti originali (questa differenza si può notare molto tra Peter Criss ed Eric Singer).

Infine, mi voglio riferire alle tracce, quella secondo me riuscita meglio e quella riuscita peggio.

Quella riuscita meglio, a parer mio, è Modern Day Delilah; essa è la prima traccia dell’album, quella (ovviamente) che dà l’inizio all’album e con la quale i Kiss, molte volte, esprimono il significato della copertina e del titolo dell’album; quella meno riuscita è “Danger”, ovvero l’ottava traccia del disco, secondo me questo è un brano che comunque ci può stare con il resto dell’album, ma che comunque annoia ed è molto meno dura e coinvolgente (sempre a parer mio) e con la quale si perde un po’ la voglia di sentire l’album (salvo poi riprendere tutto con le ultime tre tracce).

Jacopo Torriani 3°I Informatica 2021/2022

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