Cos’è successo al Campidoglio d’America
Per la democrazia americana mercoledì 6 gennaio 2021 è stata una giornata nera: un gruppo di fanatici pro-Trump ha fatto irruzione a Capitol Hill bloccando di fatto la proclamazione del presidente Joe Biden e mettendo sotto assedio la più importante istituzione d’America. L’assalto ha inoltre registrato 5 morti, 13 feriti e 52 arresti.
A circa mezz’ora dall’inizio della seduta del Congresso per ratificare la vittoria di Joe Biden, migliaia di manifestati hanno superato, senza troppi problemi con le forze dell’ordine, le barriere di sicurezza, facendo violentemente irruzione nell’edificio del Congresso. A deputati e senatori è stato quindi ordinato di rimanere nelle rispettive aule e uffici, e di indossare preventivamente maschere anti-gas, mentre la polizia cercava invano di fermare l’assalto.
Le immagini sconvolgenti della vicenda hanno da subito avuto grande risonanza su tutti i media, dai social alle Tv, tanto che Mentana ha aperto la prima maratona del 2021 proprio con le news sulla vicenda d’oltreoceano. L’irruzione a Capitol Hill verrà tristemente ricordata dalla storia e impressa nella memoria come evento straordinario, ma come ha commentato Obama «ci prenderebbero in giro se lo trattassimo come una sorpresa totale».
Si è infatti trattato di una conseguenza diretta della campagna d’odio che Trump ha capeggiato dopo la sconfitta alle scorse presidenziali, inneggiando alle elezioni rubate. La propaganda eversiva del Presidente uscente, che per due lunghi mesi ha rifiutato di riconoscere la vittoria dell’avversario, ha soffiato sul fuoco dell’orda dei fanatici pro-Trump che si è riversata contro la più alta istituzione democratica del Paese.
Trump ne è stato l’unico sponsor. Uno sponsor che, avversato anche dalla quasi totalità dei Repubblicani, davanti alle telecamere e a milioni di americani si è quasi detto fiero dei suoi sostenitori, richiamandoli solo in secondo luogo all’ordine, come un cattivo padrone fa con il proprio animale domestico. Su Twitter, addirittura, ha etichettato il suo partito come il «Party of Law and Order», e dalla parte delle «donne e degli uomini in blue». Ha sostanzialmente richiamato al rispetto della legge i suoi seguaci, dopo averli aizzati per mesi, e dopo aver, lui per primo, mancato di rispetto al più alto momento di democrazia di un paese civile: le elezioni.
Un paradosso che solo Trump avrebbe potuto interpretare e concretizzare proprio a Capitol Hill. Fanatici pro-Trump che hanno fatto irruzione a Capitol Hill trasformando il Congresso in un vero e proprio campo di battaglia , si sono spinti a tal punto da sbeffeggiare l’aula del Senato fotografandosi all’interno della stessa in atteggiamenti provocatori. Alcuni di loro erano armati, altri indossavano costumi di foggia barbarica (in chiaro stile pontida), come il noto Jake Angeli, lo “Sciamano di Qanon”, la maggior parte agitava bandiere, tra cui alcune sudiste, e gridava slogan guerrafondai. Il loro passaggio non è stato silenzioso e la conta dei danni è alta, non solo di quelli materiali all’interno del Campidoglio, ma soprattutto per quelli inflitti alla Democrazia, senza considerare vittime e feriti. Ciò che è successo ieri a Capitol Hill infatti, è una ferita profonda che faticherà a rimarginarsi, e ha lapalissianamente un chiaro mandate: Donald Trump. Diretto responsabile di un tentato golpe vero e proprio, un pericolo per tutti, e soprattutto per la tenuta democratica del Paese. La sua responsabilità morale è enorme, e se adesso è orgoglioso delle sue e dei suoi cheerleader, un giorno sarà la storia a giudicarlo.