NOO-GREEN-PASS, FASCISMO E INDIFFERENZA

Manifestare è un diritto di tutti, ma farlo in questo modo è inaccettabile.

Lo scorso primo novembre 2021 a Novara è accaduta una vicenda vergognosa e irrispettosa nei confronti di tutta la gente che ha vissuto in prima persona e che purtroppo non è riuscita a vincere in prima persona e che purtroppo non è riuscita a vincere questa lotta contro il Covid-19.

Ebbene si i no-green-pass sono scesi in piazza a manifestare e ad impedire ai lavoratori e alle persone che volevano fare solo una passeggiata e altre che volevano vendere solo la propria  merce di svolgere le loro attività, ma la cosa vergognosa non è stato il manifestare ma il vestirsi da deportati e soprattutto che questa iniziativa sia stata comandata da un’infermiera.

Paragonare le norme sul Green-pass ai campi di sterminio è una vergogna che dimostra l’assoluta mancanza di quel periodo storico; ricordiamoci che l’Italia è un paese libero ma questa libertà la nostra libertà, non è stata ottenuta gratuitamente; ha avuto un prezzo altissimo, che altre persone hanno pagato per noi sulla loro pelle, per chi è stato rinchiuso in un campo di sterminio, le tute a righe, il marchio, il filo spinato.

Questi non sono stati travestimenti di una carnevalata vergognosa.

ma la domanda che adesso tormenta le nostre menti è la seguente: ” perché tutta questa rabbia e arroganza su un vaccino che ci aiuta a sconfiggere questo mostro invisibile agli occhi umani?”

La risposta è la seguente: “questa gente che ha manifestato a Novara e così come in tante altre città, non ha provato in prima persona il tremendo dolore di perdere una persona cara, di aver subito dei traumi di avere ancora oggi a distanza di mesi i segni, di aver dovuto curare con la paura di non contagiare se stesso o la propria famiglia,  ma soprattutto di vedere la sofferenza di queste povere persone isolate considerate un pericolo a morire da sole. Loro dov’erano?

Fortunatamente contro il covid-19 il vaccino è stato trovato.

Non contro l’ignoranza. La strada è ancora lunga.

Nahara Santarella

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